DI MAIO E SALVINI SONO PARTITI MALISSIMO ANCHE SE NON SONO ANCORA PARTITI – di Fabio Cavalera

Storie a confronto. Il 6 maggio 2010 a Londra i laburisti perdono le elezioni e nessun partito ha la maggioranza ai Comuni. Gli stessi laburisti rifiutano qualsiasi accordo di coalizione. In cinque giorni, sì cinque giorni, con la stampa e l’opinione pubblica già insofferenti per la brevissima “vacanza” e per quello che appariva un insopportabile tira e molla, conservatori e liberaldemocratici (come dire il diavolo e l’acqua santa) chiudono il “contratto” politico, lo firmano, si vincolano a quanto è scritto e lo rendono pubblico, l’11 maggio Gordon Brown si dimette e parte il quinquennio di coalizione tory-libdem.
Non significherà un granché ma la credibilità di un sistema, con mille difetti, nasce anche dalla capacità dei suoi leader di trovare sintesi efficaci in tempi rispettabili. Perché è ciò che si aspetta un elettore.
Siamo entrati nel terzo mese di crisi politica. Salvini e Di Maio sapevano dall’inizio che la situazione li avrebbe portati a un possibile matrimonio. Si saranno parlati un milione di volte. Non sappiamo che cosa partoriranno, non sappiamo i contenuti del contratto, non sappiamo i nomi del premier e dei ministri. Ma sappiamo che all’apparenza sono due leader “forti”, di sicuro abili nel comunicare, demagoghi a loro modo intelligenti, però nella sostanza sono quanto meno sprovveduti e dilettanteschi. Il che non è un buon inizio. Conteranno i fatti, le personalità che sceglieranno, le decisioni e le politiche che adotteranno. E su questo si giudicheranno. Ma la piega delle trattative dimostra la loro debolezza di sostanza e la debolezza del sistema Italia. Non ci sono alternative, per ora.

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