PER QUANTO IMPERFETTA, LA NOSTRA È UNA DEMOCRAZIA. PER QUANTO? – di Leonardo Coen

L’Italia dei mediocri, degli invidiosi e degli s-fascisti ci sta traghettando non solo verso un pericoloso ignoto ma soprattutto verso un’ignobile emarginazione. Dobbiamo ringraziare Renzi e la sua cricca, le tv del Cavaliere e la Rai che hanno contribuito a rincitrullire il già incolto popolino; intanto i complici di una borghesia ignorante (la più ignorante del mondo diceva Pasolini) però accorta ladrona, in sintonia con gli imprenditori che vogliono rastrellare i nostri soldi per imboscarli nei paradisi fiscali – è storia, i Panama papers lo documentano – sono lì a pregustare l’assalto alla baionetta per disossare quel che resta del Paese. Con la scusa della crisi, invece di investire capitali in ricerca, tecnologia e così migliorare l’occupazione, vogliono di nuovo sottrarre ingenti risorse allo Stato (tanto che i Salvinimaio stanno contrattando il ritorno delle famigerate Partecipazioni Statali). Prima c’era stata la “razza padrona”, ora c’è la “razza padroncina”. Con pochi slogan diretti ai bassi istinti della gente i Salvini e compagnia cantando hanno ipnotizzato gli elettori, mentre il Cavaliere ha ripreso ad orchestrare i propri interessi e quelli di chi nell’ombra lo ha sempre accompagnato. Costoro vogliono un Paese che non ragiona, analizza, approfondisce. Siamo ultimi in Europa quanto a livelli di istruzione, le spese pro capite per lo studio, la scuola e l’università sono sempre più ridotte. Istruzione e cultura sono strumenti pericolosi per le destre all’assalto della diligenza (e della dirigenza). Il populismo detesta la conoscenza, che è il fine dello studio e del progresso. Il consumismo, la superficialità diffusa (via smartphone) e le isole dei famosi sono un oppio collaudato, armi di distrazione di massa. I giovani coscienti di questa pericolosa deriva scappano via, contribuendo così a consolidare l’arrembaggio dei barbari. Invecchiando e impoverendo, gli italiani stanno diventando una popolazione accidiosa e perniciosa. Tanto, quando la vita si sta spegnendo, che gli importa del domani? Non hanno più progetti ma rigetti. Sono egoisti. Gli dicono di aver paura degli altri, e loro se ne convincono. Gli raccontano che le città sono sempre più in balia della delinquenza, e loro invocano più sicurezza, mentre le statistiche dicono il contrario: per questo i media asserviti enfatizzano rapine e omicidi, per dimostrare che invece la paura è legittimata. Salvo poi smettere di soffiare sul fuoco dell’insicurezza appena ci si impossessa del potere. Fascismo, nazismo e comunismo imposero la censura sulla cronaca nera, non conveniva più. Poco per volta, i diritti acquisiti faticosamente, a prezzo di battaglie sociali costate un sacco di vittime ci verranno confiscati. La democratura di Putin ne è un esempio. Simulacro di democrazia controllata rigidamente da una verticale del potere in mano ai “siloviki”, gli uomini della forza: polizia, servizi, militari, oligarchi; e i clan delle seimila mafie che controllano il 40 per cento dell’economia russa. Putin è stato tenente colonnello del Kgb, nonché capo dell’Fsb, i servizi eredi della famigerata polizia segreta sovietica. Per quanto imperfetta, la nostra è una democrazia. Per quanto?

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