I CRITICI LETTERARI DA SOCIAL E LA LORO CORTE DEI MIRACOLI CHE NON AVVENGONO MAI – di Enrico Nascimbeni
La notizia è questa. È oramai fenomeno assai diffuso su Facebook trovare dei critici letterari improvvisati e non, che si dilettano tra le altre somme attività culturali che propinano, a gettare merda su romanzieri e poeti. E visto che a volte questi paladini del buon scrivere scrivono sporadicamente su giornali “che contano” hanno una nutrita schiera di leccaculo (piccoli scrittori e poeti in cerca di autore) che li seguono nelle misera speranza di essere recensiti dal sommo critico. Dandogli ragione sempre e comunque. Ma che bella compagnia.
In questi account dove regna la Kultura come Kossiga con la K avvengono fatti e misfatti tra i risolini di bassa lega di scomposte signore che purtroppo hanno aperto il cassetto che conteneva opere giovanili o senili (i cassetti è da anni che sono tristi per essere stati aperti “alla pene” di quadrupede abbaiante) e scomposti signori che vantano di aver letto tutto Proust o di sapere a memoria la Divina Commedia più la guida del telefono della loro città.
E così in questi luoghi telematici di perdizione culturale ad esempio viene volgarmente attaccato l’amico Erri De Luca senza pietà e ritegno. E tutti a battere le mani. In queste Accademie della Crusca dove la terzina è un totem da non abbattere vengono garrotati personaggi famosi del mondo della letteratura del passato e del presente con la pesante leggerezza (e la spocchia) che appartiene prettamente a chi della sua vita culturale e letteraria lascia e lascerà il segno che lascia una lumaca che striscia dopo un temporale. Poi ne arriva un altro e di quel segno non se ne hanno tracce o ricordi.
Penso che alla base di tutto questo, e la voglio mettere sul poetico, ci sia una anche una forte carenza di figa e di atti rivoluzionari di sesso che nella migliore delle ipotesi avvengono forse una volta all’anno, in occasione delle feste comandate. E se trattasi di una donna il lettore può immaginare di quale gravosa carenza parlo. Sono un sessista? No. Son un anarchico della parola e scrivo quello che penso. Cercando di pensare, a differenza di questi guru letterari, quello che scrivo.
Che dire ancora di questi critici di libri che infangano una categoria della quale hanno fatto parte “imbecilli” come mio padre Giulio che mai stroncò sul Corriere nessuno. Perché non stroncò nessuno? Perché quando un libro non gli piaceva non ne parlava e men che meno ne scriveva. Semplice no? Direi signorile. Già. Essere dei Signori: che parola antica e in disuso in questo “Ade” che sono i social. E oramai pure in certe pagine della Cultura cartacee.
E per concludere con una citazione… No non citerò cotanto scrittore o poeta. Troppo facile e poi son fatto così. Per questi “signori” trovo più appropriato un verso di una canzone dell’amico Roberto Vecchioni:
“Ha gli occhi nella notte che non guardano niente: può sembrare a tutti un deficiente… Genio al lavoro, genio al lavoro il mio piccolo genio al lavoro.”
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