SENZA DI TE – di Enrico Nascimbeni

Qua in questa lontananza di pochi metri va tutto sommato abbastanza bene. Le solite risse di notte davanti alla kebabberia. Le urla in una lingua che non conosco. Rumore di bottiglie rotte.

Ah si una cosa strana è il bagno sempre libero. Il poter fare rumore senza disturbarti. Farmi schifo e farlo solo a me e quando decido io.

Guardano i tuoi orsacchiotti di pelouche. Sono tanti cazzo sono troppi. Mi fissano. Sinceramente ogni tanto uno lo prendo a calci. Tanto chi mi vede. Con un altro ho fatto una cosa che non posso dire. Piccole vendette vigliacche contro animaletti inanimati.

Fare volare in aria le scarpe quando mi butto a letto. Riempirlo di briciole. Guardarmi in giro con aria furtiva e la bocca piena di pane. E no. No che nessuno mi vede. Non mi sgrida nessuno.

Si perdono i gesti della quotidianità. E il quotidiano è una nuova avventura di come quando ero bambino e potevo scegliere se essere Rivera o Mazzola. Col pallone in mano davanti allo specchio. E fare con la bocca (anzi con la gola) il verso della folla. Tutti per me. Gol. Esulto. La folla è impazzita. Ma poi tutto sommato è finita la partita.

Fumo troppo. Poco movimento. Metto acqua in una piantina che non c’è. Ma è bellissima. Come è bello mangiarsi le unghie e sputarle in un bicchiere pieno di nuvole. Perché io in un bicchiere vedo le nuvole. E me le bevo pure. Per avere temporali in gola e pioggia che mi scende nello stomaco.

La vita? La vita mi vive. Poteva andare meglio. Poteva andare peggio. E chi lo sa. Il fatto è che ieri era settembre di un anno fa ed ora è settembre di adesso. È bastato chiudere un attimo gli occhi. Distrarsi per un secondo ed è già passato un anno. Porca di una puttana.

Vago con la sigaretta in bocca e in mutande nel mio nuovo regno.

E tutto cambia e tutto scorre. Tutto piange. Tutto ride. Tutto sale e tutto scende.

Senza di te.

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