LA SINDROME DI TURIDDU – di Danilo Cannizzaro

La Sindrome di Turiddu

 

Proprio questo non è, un sogno, ma un ricordo vero; giuro.

A un abbaglio ci somiglia, è vero, in fondo, ma scorreva, innanzi a me, quando m’infliggevo colpi, per schiacciare chiodi altri. Esistevano davvero, lo ricordo come oggi.

(Vafàinquello ad ogni modo: è un bagaglio che mi serve).

***

Gaetano La crosta (da più parti ci si gingillava ironizzando sulla verosimiglianza che il nome fosse imparentabile, seppur alla lontana, con l’uomo familiarmente soprannominato “Il Coccodrillo” – vale a dir quel Jean-René Lacoste, titolare della nota linea di abbigliamento) era il sassofonista (ma anche il leader) del gruppo “Tano & i Pandorini”, specializzati nella produzione di intrattenimento musicale – spaziante nella gamma del neomeloribadisco piuttosto che quella neomelodico, stante la scarsità del repertorio raccogliticcio – in occasione di capodanni bucolici, fiere zootecniche, sagre paesane del Peperone Luminoso o della Salsiccia Vellutata, battesimi, comunioni, anniversari, giropizza ed altri fondamentali eventi di cui è costellata la vita dell’individuo assemblato all’interno di un fecondo cespuglio sociale.

Persona normalmente affabile e gioviale, assommava in sé tutte le caratteristiche del diavolaccio (se proprio non buono, almeno) discretaccio, internamente affollato dai migliori proponimenti conformi a smazzarsi la giornata al fine di srotolare un efficace filo conduttore che riuscisse ad annodare in modo organico il pranzo con la cena, impresa che avrebbe sgrovigliata con difficoltà non soverchie, se in lui non avessero eletto confortevole e gradita dimora alcune comorbilità, che si manifestavano senza preavviso con discontinui tic motorii e fonatori.

Tale compresenza di patologie diverse, in sostanza, lo affliggeva tramite determinate semi-infermità più o meno invalidanti.

Seguono esempi: un antipatico deficit d’attenzione, un irritante disturbo ossessivo compulsivo, una imbarazzante iperattività; tutte belle condizioni che, non essendo state identificate in un preciso vulnus neurologico, scapricciandosi arbitrariamente, intristivano il poveretto.

Ma uno, innanzi tutti, era il disagio più scabroso.

Costui esplodeva improvvisamente poderosi, accorati, incontrollati sbadigli.

Sbadigliava forte, in definitiva.

Tuttavia non, come ci s’aspetterebbe.

Zut.

Sbadigliava da altra fenditura, ubicata in posizione antitetica a quella visibile e dentata.

Per tal anomala peculiarità, si ipotizzò la presenza d’una sindrome affine a quella di Tourette: la Sindrome di Turiddu, compaesano arcinoto per le sue reboanti sentenze, pubblicizzate in modo turpemente simile.

 

***

 

E nemmeno va sottaciuto, per completezza d’informazione, che il minuto pargoletto del Turiddu riusciva ad alzare qualche soldino, per la pubblica via, deponendo a terra un berrettino (che aveva conosciuto certamente integrità e splendori ben più completi) entro il quale far confluire degnati spiccioletti e monetine accondiscese del passante impietosito, che sarebbero comunque finite, in massima parte, a ristabilire il livello di alcol negli accoglienti benché ingorgati vasi sanguigni paterni (nerbate, sennò). Tristemente piroettava, il piccino – siccome stambecco alle zampette ferito. Così madrigaleggiava (Dio perdoni tutti noi):

 

Son piccin, cornuto e bruno, ho il papà ch’è bombardier

Mi sfinisco di digiuno, non c’è molto, da sceglier.

Quando trovo un buco, un fosso, un ricovero per me

mi ci butto appena posso, per paura che finché

babbo mio ’mbriaco e sfatto non dia fiato al deretano

rischio il volto tumefatto dalle busse a tutto spiano.

È il segnale, finalmente, della calma ritrovata

sino a quando il deficiente ricomincia la temuta

procession di manrovesci (sempre all’indirizzo mio).

Via malnato, via, sparisci! di baldracca quel gran fijo

mi comanda a’ la ricerca d’altre somme di denaro

con il quale dipoi sbarca il lunario da somaro.

Dèh, sbrigatevi, Signori: regalatemi un soldino

pel campion dei bevitori! Son figliol di bombardino![1]

 

(Bella e maledetta terra mia! Detestabile e stupenda!

Quanto in alto dovremo ancora guardare, per cercar di pedinare a dovere le tracce dei sogni, incorporei e perciò invisibili ai più?

Alti ed alieni, se ne volano, distanti: ali capaci, occorrono, per tallonare il percorso loro).

Cosa c’entra?

Io, lo so.

 

 

 

 

 

 

[1] Bombardino s. m. [dim.. di bombarda]. Strumento musicale in uso nelle bande: appartiene alla famiglia dei flicorni, ove funge da baritono (N. d. C.).

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