FACEBOOK “BLOCCA” PER 30 GIORNI ROBERTO VECCHIONI – di Enrico Nascimbeni
(Nella foto Roberto Vecchioni ed Enrico Nascimbeni)
Il commento della protagonista della canzone (che è una cara amica ed è donna di grande intelligenza e donna spiritosa) è stato: “Quelli di Fb Sono dei poveri deficienti.” Non oso pensare cosa ne pensi il mio amico, maestro, collega e per me come un secondo padre Roberto Vecchioni.
In breve cosa è successo. Facebook ha bloccato il mio account per 30 giorni per aver usato questa frase virgolettata: “Pomeriggio da solo in un po’ troppa Toscana ho pensato: Ma brava, va beh ho pensato Puttana…”.
Il blocco è stato causato della parola PUTTANA che fa parte del testo del brano di Roberto “Due giornate fiorentine” che è nell’album Samarcanda. Storia di un tradimento raccontato con maestria in un brano meraviglioso e soprattutto raccontato con amore. Amore disperato. Ora siamo cresciuti tutti. Tutto è passato e la vita è andata avanti. Meno il cervello di chi gestisce Facebook con l’elasticità artistica di un paguro ubriaco.
In pratica Facebook non ha bloccato me ma paradossalmente ha bloccato una espressione artistica di Roberto Vecchioni. Cioè ha bloccato Vecchioni, che proprio in questi giorni è uscito col suo ultimo album “L’infinito”.
Che dire? Nulla. Non so se piangere o se ridere.
Facebook che oramai sta sfociando nel più bieco oscurantismo ha cancellato e bloccato uno dei più bei testi scritti dal cantautore.
Ed ecco il testo che ha urtato la sensibilità di segnalatori bigotti-imbecilli-privi di cultura artistica e algoritmi degni di Gianni e Pinotto.
Due Giornate Fiorentine
E fu proprio mentre portavo due bicchieri
che mi dicesti “Indovina chi è venuto ieri?”
Io chiesi “Chi?”, però sapevo di sapere,
e il primo amante in fondo è come il primo amore.
Pomeriggio: da solo in un po’ troppa Toscana,
ho pensato”Ma brava, va beh ho pensato “Puttana”,
poi che io non c’entravo e che eri stata felice,
con chi non importa e la storia non dice.
Le mie tasche eran piene di varie ed eventuali,
ma i tuoi giorni con me sono stati tutti uguali:
con lui eri Firenze, i monumenti, il cielo, il letto;
con me oggi una noia
da sala d’aspetto.
E la sera per cena mi sono pure travestito,
per spiare quel gesto che ti avrebbe tradito;
ma il naso a palla e glio occhiali con la corda
mi segavano in due la parte che ricorda.
E sono esperimenti questi da non più tentare,
perché andando a svestirmi per tornar normale,
non seppi più che togliermi di vero e di finto e confusi me stesso con la barba al mento:
come avevo confuso per giorni e giorni e giorni
il senso dei sorrisi e quello dei ritorni
senza ver capito che tu stavi cambiando
e gridavi da sola
e che stavi vivendo…
all’uomo della Chevron
che non aveva capito
ripetei sillabbando:
“ho paura del lupo,
ho paura, paura:
paura del lupo”.
E lui con la pompa in mano
e con il tappo nel guanto
come stesse nel mondo
a dar benzina soltanto
mi guardava stupito
chiedendomi “Quanto?”
“Tanto che a Lodi non ci arrivo mai
si nasconde là dietro oerché sto qui, ma poi
quello m’insegue fino a casa mia,
stia qui, mi faccia un pò di compagnia…?
E l’uomo della Chevron
che non aveva capito,
fece tre passi indietro,
non pulì neanche il vetro,
disse”Mamma mi aspetta”,
e fuggì nella notte.
E adesso che sto fermo e sentomeglio il vento,
adesso che non ne parliamo più da tanto tempo,
c’è tua madre che non sbaglia mai e la cena con gli amici
e a volte a far l’amore siamo quasi felici:
le mie tasche sono piene di varie ed eventuali
ma i miei giorni con te son quasi tutti uguali
e un giorno ti dirò “Indovina chi è venuto?”
ora son cresciuto.
“Guarda: non è bello il mio lupo?”
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