IL QUADRO – di Danilo Cannizzaro

 

 

Vi sono notizie che creano, al loro apparire, grande schiamazzo, concitazione, motivo di discussione. Qualche modernissimo esempio: nuovi amor(-ini; – oni; -azzi) dei Vipp(-ini; -oni; -azzi) e sconvolgenti rotture relative ai medesimi “ini”, “oni”, “azzi”; vittorie ed eliminazioni al cardiopalma d’altri Vipp(-ini; -oni; -azzi) attruppati nel reality show del momento; ultime infiammanti puntate dal mondo del calcio; recenti polemiche suscitate sempre dai summentovati “ini”, “oni”, “azzi” appartenenti agli ecosistemi della politica, dello spettacolo, del giornalismo (commenterò? Mai sia).

A me… acchiappano più assai – ma è una personalissima perversioncella – notizie come quella che in Italia è stata creata una “cellula” che sconfigge la leucemia. Ognuno, del resto, è fatto a modo suo.

Che posso farci? Accade anche a me d’esser fatto a modo suo.

Infatti vorrei sentire, leggere, apprendere più spesso notizie di questo tipo, o almeno… simili a quella desumibile dal diligente resoconto che vado a produrre all’affezionato Lettore:

 

***

 

Alle ore dieci e circa d’un mattino musicato da sé stesso con due smorfie d’atmosfera e tre guizzi di follia dati da colorazione punto stramba, e pur quietata nell’intesa di bagliori imbrattati da foschie – che s’addensino nel cielo con l’assetto di insolenze rivoltate a testa in giù: quando avviene, pare raro  – in maniera sperticata, il pittore Gaetanino – inteso Taninu ’ù Pittùri (facile, questa…) arrivò sul litorale, e, deposta la vespetta a brucare un po’ di frescura, se lo rimirò per lungo e per largo sin dove poteva disporre d’una fessura d’occhio; si disse che quanto l’occhio anzidetto (dotato delle fessure valevoli) e orecchio (provvisto non meno) gli raccontavano, trasmettevano garanzie sufficienti di sconfinferamento, e che nonostante preferirebbe un tono magari più struggente nel roseo di alcune striature cirriformi, alla fine, poteva andar bene: lui, e c’era; paesaggio – quello giusto –, e c’era; brezzolina, bastante a sorregger pennelli pennellesse e tavolozza; mestizia dolce e tormentosa, tal qual sopra; temperatura adatta alla confessione dal cuor compunto: trabocchevole (anche qui, ci siamo…); poi ancora, che ti serve? Ah, sì: un’arietta brillante e tersa – che ogni cosa faceva parer lustrata con una pezza morbida – radunata anche lei all’appello.

(Ora serve soltanto sfilarsi le scarpe, se no la rena fa fatica – ognun comprende – a stabilizzarti estro e assillo confratelli).

– «Si può fare.» – sospirò quel puro.

Scaravoltò tasche e zaino – e spiritelli della zazzera – su uno spiazzo livellato con quattro brave spazzate del piede sulla sabbia ed apprezzò, nell’immediato, l’emozione pungente di una spina nascosta nella sabbia. Essa aspettava da anni un morbido fessacchiotto cui mordere calcagni – quantomeno – o terga polpose – possibilmente.

Pazienza, niente deretani saporiti, oggi; è tuttavia non disprezzabile, il centro d’una pianta di giovane piede. C’è la sua soddisfazione comunque; la spina, lo sa. Non per nulla, le è stato conferito l’incarico, insieme ad altre immote e taciute presenze, di rendere malizioso lo spazio, e spudorata la vita.

Cavalletto e tela presto furon disposti al modo conveniente: ad inquadrar la riviera, vale a dire, con le spume spiritose, l’ineffabile e onnisciente confine fra cielo e terra, i segreti piccoli ed enormi sottintesi (ma spifferati in sordina all’ascoltatore attento e predisposto) dal signor mare misterioso, filibustiere per eccellenza; la macchia selvaggia e arruffata indietro, infine, la qual, benché non sembri, sostiene il tutto come mano materna premurosa. Ondeggiante, oltreché materna, atteso che il suo compito è comunque quello di smistare i sospiri delle creature circostanti, animate o inanimate (si fa per dire, inanimate: mica è composta da citrulli mentecatti, la compagnia cantante di Leucippo, Democrito ed Epicuro [1] legiferanti in materia).

 

***

 

E buttiamocela, una sbirciatina a favor di Tanino – un istante, prego.

Sarà bene evitar di sprecare l’occasione: sappiamo se mai ricapita, l’orchestra di elementi attualmente circolanti?

(Fra un attimo, il divenire, a rotta di collo inghiottirà, vorace e indifferente, ciò che è suo mestiere impastare nel gorgo implacabile delle infinite vicende di cui non s’ha ormai memoria, né coscienza, archiviate da questo instante, eo tempore, all’indietro).

Tanino è giovane (alle volte, già sai, è un delitto) è… bello, è generoso, ha la candida camicia sbottonata fin dove la comun decenza sospetterebbe; un qualcosa di valoroso alberga nella persona. Egli possiede dunque la fornitura di caratteristiche al completo per piacer alle nonne, alle mamme e altresì alle figlie, con la piccola differenza: quest’ultime giocheranno con il timido giovanotto infliggendogli a preferenza, le volte che si può – esauriti i baci e le morsicature amorose nelle carni tenerelle indifese – peggio, d’una puntura incolpevole di spina marinara, più, d’un dispetto crudele; le sevizie piuttosto (per dirla precisa); son destinati a patirle gl’innocenti, i feticci, e i bambolotti quando uso e familiarità diventan capriccio, frivolezza ed isteria impunita.

 

***

 

Et voilà – vedi? – leggiadro, simile a gentil svolazzo di farfalla, il pennello salta addosso la superficie e sdrucciola e scellica, [2] e indugia e scatta, dipoi fiati, ellissi ed intenzioni ardite imprime e impunta e marchia, una con i fremiti pendenti dalla fronte e quelli dal petto non più in là da trattenere;  mentre talor s’inceppa e scalpita, poi trepidante tocca e ritocca inquieto, imperocché si smaga nel magheggio del frenetico gesto alato e affossa la corsa dentro macchia di luce – inebriante ed ampia – sì che un fiotto di color ne rivela l’industrioso artingegno duttile e l’ariosa architettura in fieri; [3] s’arresta un qualche istante, ché deve pur respirar un boccon d’aria – aspettando il soffio della costa conforme ad asciugare il policromo sudore – l’olio molle posto e spanso sulla tela, ma al fin della sequenza non perdona e stocca.

 

***

 

Oh! Ma che immagine è apparsa? Approvano in coro i ciuffi ed i prunai con le sterpaglie, pazienti spettatori arretrati: pini e finocchi marinari scuoton gli arbusti. Fenici ginepri batton le squame, al contempo quelli rossi sbatton le bacche, borracine si sgrappolano e valeriane rosse s’imporporano d’emozione e si scaprifoliaceano euforiche…

Certo! Ecco, è una fanciulla. Di spalle, ma fanciulla, aggraziata e snella: un bocconcin di bimba – di quei squisiti!

Soltanto: di spalle.

Plaude, il vegetal parterre, il figurino bello ed esile, visto di schiena.

Comeché e se e perché e conciossiacosaché guarda il mare anch’ella, la creatura dipinta.

Ma è dipinta? Par che respiri, la donna giovane…

Cos’era quel sussulto? Un terremoto? No, macché… è mica orario di affari tellurici, codesto.

No, no, si muove! L’ha vista, lo scarabeo pure. Costui tonto, ci sarà, ma mica orbo – eh!

Risalita giustappunto la china di sabbia, constata il verde ondeggiante: ciò è conferma! Usava così dai tempi dell’egizio. E prima, prima, ùhff, hai voglia! storie che in evi passati s’era d’accordo, sull’argomento.

Basta, niente dubbi. Quella si muove. Si dirà: di essere, è ferma, nondimeno respira come me e te. Forse meglio. Chi non lo vede è cieco, o sciancato nel cervello.

Residua questione: è musica d’attorno, o è il tramonto spifferator di sentenze che espira e ansima? Importa poco. Ma è curioso, ad ogni modo… Uno non si raccapezza, tante volte.

 

***

 

Dice: le donne (hai presente?) allorché fattori misteriosi si son presi libertà di scapricciarsi, assumon la forma del sogno che le ha partorite, a patto… di non arrisicarsi a desiderar più di quanto è consentito; a condizione… che l’animo sia quello del metter la letterina sotto il piatto di mamma e papà, a Natale; con l’obbligo… che si amino, le donne, d’un amore – purchessia remoto, ma – speciale.

 

***

 

Il tonto coleottero in cima al montarozzo corna e cocuzza coi zampetti si grattugia, segno che nulla c’è di strano a veder un giovanotto e una ragazza nell’armistizio in cui con tutta l’insistenza e l’ingordigia d’una adolescenza inappagata guardano lontano, lontano, laggiù.

Tutto normale.

Tanto più che nella testa di bacherozzo adora, le parole di lei:

– «Allora! Ti sbrighi a prendermi per mano, prima che ci svegliamo?!?»

E quelle del giovin pittore:

– «Lo so, mi aspettavi, e t’ho sognato infatti. Però tanto t’aspettavo io davvero, finché il mio sogno ha ottenuto l’impresa.»

Si presero per mano, artista sbarbatello e signorina del quadro, decisi a leggere l’orizzonte.

Lo scarabeo non si lamentò per la faccenda che gli davan le spalle.

D’ora in avanti, per un numero imprecisato d’istanti stettero in pace col mondo, con l’universo, con tutti gli accidenti che ti vengono in mente se il tempo è fermo, se il mare è là, se cade di nascosto (non dirlo a voce alta) una goccia d’eternità.

(Altro, pardon, lo taccio).

(In evidenza: Kohn Andre – Donna di spalle)

Smoke City – Underwater Love

 

[1] L’atomismo, nato nella Grecia “ionica” (coste dell’attuale Asia Minore) probabilmente verso la fine del VII secolo a.C. è una teoria basata sulla pluralità dei costituenti fondamentali della realtà fisica. Gli atomisti hanno teorizzato che il mondo naturale consista in due parti: gli atomi indivisibili e il vuoto.

[2] Scivola.

[3] La locuzione latina “in fieri”, tradotta letteralmente, significa: in divenire. Questa espressione viene utilizzata quando si parla di un avvenimento che ha già avuto un inizio, ma che non è del tutto completato, ancora in corso o ideazione.

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