A PIEDI NUDI – di Danilo Cannizzaro
Alla fine, è tonda, la terra, o è piatta? Ora è un po’ che questi mi ci fanno pensare. Più ci penso e più mi dico: “Che differenza mi fa se la terra è tonda o piatta? È importante – concludo – il modo in cui ci campi, sul pianeta (o sulla piattaforma: la pulce nell’orecchio, me l’anno messa per benino, con la storia che poi l’Australia non esiste, che ai bordi ci sono montagne di ghiaccio, e che i filmati che abbiamo visto li ha realizzati la vecchia volpe di Stanley Kubrick. Costui, di essere, capace è capace).
Ma ho deciso: me ne frego dei continenti, degli oceani e della forza centrifuga (se contasse veramente, dovremmo essere sbattuti nelle vette ghiacciate. E meno male che ciò non accade. Non potrei permettermelo).
Sìsì, me ne frego.
Contano gli affetti.
Altro che storie.
***
Dalla finestra di fronte questo, si vedeva: apparentemente immobili, quattro piedi, che sporgevano da un abbaino. In effetti – se si vuol restare amici della precisone – erano attaccati alle gambe rispettive. Quattro in totale. Pareva proprio che i piedi stessero affacciati a godersi placidamente la vista della vita brulicante per strada, con i suoi rumori, gli umori, i fervori oppure l’altre indifferenze galleggianti o immerse nell’aria tiepida, molliccia, oziosa.
All’interno della stanzetta scavata nel sottotetto – piccolina – un uomo e una donna, giovani, sia per computi anagrafici, sia per anima, anzitutto; stavano stesi su un lettino – anch’esso formato mignon, come il resto del mobilio parco. Lei, adagiata sul petto di lui, che la fasciava racchiudendola nel suo braccio protettivo.
Non parlavano, i due; non ce n’era bisogno; semplicemente rimandavano lo sguardo oltre il cielo incorniciato dalla finestra, affidando ai pensieri, piuttosto, la perizia di far discorsi.
– «È un itinerario, che sto percorrendo,» – soppesava l’immaginazione della donna – «nel tempo presente? O magari non mi sono ancora risvegliata da un sogno che si comprenderà domani soltanto… magari fra molti, domani, quando mi volgerò a guardare indietro la mia esistenza?»
– «L’opprimente sbigottimento di esistere avanza contemporaneamente, nei miei sogni. Coerente con quello delle altre notti popolose e piene,» – rispondeva il pensiero dell’uomo – «a differenza dei giorni umani, vuoti al confronto.»
– «È gioia pura. È follia priva di controllo.» – quel di lei replicò – «Può darsi… un paese dei balocchi. Terrifico, e comico insieme. Come se fossi assediata da danze, caroselli, trombe squillanti che dirigono ritmi sfrenati e antichi. Così è. Allora per quale ragione mi arriva all’improvviso… una trafittura, qui, in gola… quasi attraversassi un pericolo, priva di rendermene pienamente conto?»
Poi si rannicchiò un istante, il pensiero di lui. Inquietudine? pudore? Chi saprebbe dire..?
– «Ehi, mister..? ma davvero passeggi dentro un paesaggio ricco e fantastico? Chi, o cosa, aspetti? A chi, vuoi confidare quel che esprimere non sai? Eppure, nel respiro, forte ti vibra, immischiando tutte le fibre dell’essere, e, principalmente, della coscienza. Avverto una bestia addosso, per di più: par voglia sbucare mancante di invito, e quando prevederlo… non si sa. Va tutto bene.»
– «Va tutto bene.» – protesse il pensiero femmina.
– «Va tutto bene?»
– «Vedi? È una musica di immagini che si rincorrono…»
– «…si contrappuntano…»
– «…decidono con maestria i nostri silenzi in partitura…»
– «…fanno calcoli algebrici di pesi, e di misure, comandate da un orchestratore segreto.»
S’addormentarono, entrambi.
Addirittura i piedi, nudi e sfrontati, appollaiati uccelli notturni sul parapetto fresco, sembrò sostassero pensosi, in rispetto della tregua del sonno. Non si mossero. Finché arrivò una visita.
***
Comparve a lui la madre, più viva che in punto di veglia – là invece trapassata, da troppo – ma più giovane, in maggior misura bella, intelligente ed abile. Era palpitante e appassionata, con le movenze di un galleggiamento lieto sulla superficie di un’atmosfera triste e consolante pur nella sua esasperazione intrinseca. Non c’era dolore e neanche denaro, né bisogni e attese, impellenze nemmeno. Perché? Solo commozioni, percezioni, affetti e slanci smodati, ardori inoltre, idee, tenerezze e terribili impassibilità.
– «Posso restare con te? Ti prego…» – supplicò l’uomo, altrove addormentato – «Qui non c’è aridità. Ci sono odi, passioni, antipatie, avversioni istintive; sono assenti i torpori e le sterilità come nell’altro mondo di cui sopravvive solo un ricordo trasfigurato. Qui non c’è siccità di vita, non esiste secchezza di cuore o inefficacia d’impulsi…»
– «Gioia mia… in questo luogo si vive la verità distillata ed eterna. Un’immediatezza che respinge ripensamenti. È quello che vuoi?»
– «Quello che vorrei, è poterti avere tra le braccia ogni volta che lo desidero. Stringerti. adesso riesco a farlo unicamente con lei. Io credo di amarla forte, sai?»
– «Per tale motivo t’ho portato una gomma e una matita speciali (ti ricordi quanto ti piaceva disegnare?): con la prima, puoi cancellare le cose passate che non hai meritato; con la seconda, puoi nobilitare il presente. E un’altra cosa: il mio abbraccio interminabile, per dare il buongiorno ai giorni che verranno.»
***
Peccato!
(Forse no).
Una pioggerellina stupida – nessun preavviso – risvegliò i piedi assopiti; senza indugio recapitarono la notizia ai due amanti, che presi alla sprovvista altro non seppero risolvere se non riammalarsi dei propri vizi: l’aguzzino riprese a vessarla ingozzandola di baci umidissimi e di carezze esaltate, tanto da rischiare d’ammazzarla (e ciò per dimostrar a sé stesso che lei l’amava), la vittima – appunto – pianse di contentezza, e si difese al meglio che poté (provò a tracciargli incisioni nella schiena con le unghie sconcertate, tremò per impietosirlo… niente da fare).
Persino i piedi sbalordirono e si disorientarono, e cercarono di raccapezzarsi in qualche modo: se un attimo prima potevano godersi tranquillamente i confortevoli nonnulla dell’aria svolazzante fuor della tana minima, ora fremevano in posizione opposta, volti verso il pavimento gli uni, verso il soffitto gli altri.
Il tizio appostato alla finestra di fronte abbassò il binocolo e fece spallucce.
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